Felice Orsini attentò alla vita di Napoleone III (per aver tradito la rivoluzione romana) e della moglie imperatrice Eugenia. Un’azione terroristica a tutti gli effetti. Raggiunta Parigi con altri congiurati, la sera del 14 gennaio 1858 il gruppetto riuscì a scagliare tre bombe contro la carrozza dell’imperatore. L’attentato provocò una carneficina, con 12 morti e 156 feriti, ma Napoleone fu protetto dalla carrozza blindata e rimase illeso, così come l’imperatrice Eugenia, anche se sbalzata sul marciapiede e completamente coperta dal sangue delle vittime.
Orsini e i suoi complici, riuscirono a fuggire ma vennero arrestati dalla polizia poche ore dopo, nei rispettivi alberghi.
Felice neanche quarantenne venne condannato alla ghigliottina.
La lettera-testamento
Dal carcere, senza chiedere la grazia, Orsini scrisse una lettera al sovrano francese, poi diventata famosa, che concluse così:
« Sino a che l’Italia non sarà indipendente, la tranquillità dell’Europa e quella Vostra non saranno che una chimera. Vostra Maestà non respinga il voto supremo d’un patriota sulla via del patibolo: liberi la mia patria e le benedizioni di 25 milioni di cittadini la seguiranno dovunque e per sempre. »